In seduta
Elio, sorridendo: “Ti ricordi quel ragazzo di cui ti ho parlato la volta scorsa? Quello che ho conosciuto alla festa sul lago, con cui avevamo scoperto di avere alcuni interessi in comune?”
“Certo che mi ricordo!” — dopo la batosta presa con Marco, che pur essendo impegnato con un’altra persona era riuscito a fargli battere il cuore e perdere anche un po’ la testa, Elio non mi parlava di qualcuno da mesi. “Ecco, l’altra sera siamo usciti a cena. È stato bello…”
Prosegue tra l’emozionato e il dubbioso: “Non che sia successo chissà che, ma mi sono trovato bene. Abbiamo chiacchierato un po’ di tutto, andando anche in profondità, ma parlando e ascoltandoci. Non mi sono sentito sopraffatto o invaso dai suoi racconti, né che parlavo troppo. Mi sono sentito a mio agio, che potevo essere me stesso insomma, e mi piacerebbe approfondire la conoscenza”, conclude, con un sorrisone a cento denti.
Sorrido anch’io, pensando tra me e me che iniziamo ad essere sulla buona strada.
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L’amore che calma il sistema nervoso
Alcune persone hanno ancora la convinzione, di matrice romantica, che la condizione per innamorarsi, o per poter dire di esserlo, sia sentire le farfalle nello stomaco. Ne ho scritto un po’ di tempo fa in questo post su IG, ridendo molto alla lettura del commento di Fabio: “Le farfalle nello stomaco si chiamano ansia. Sono le stesse che avevo prima di discutere la mia tesi di laurea“. Bingo!
Non ti sto dicendo che una quota di ansia non possa esserci nella fase iniziale di conoscenza. Se siamo persone ansiose in amore – con tanta voglia di innamorarci ma anche tanta paura di essere respinte – è del tutto naturale che l’ansia faccia capolino all’inizio di un rapporto. Anche chi si sente sicuro in amore può percepire un fremito ansioso, per la semplice ragione che all’inizio di una conoscenza non sappiamo bene chi abbiamo di fronte né se – e come – le cose evolveranno. Inoltre, l’ansia può essere accentuata se usciamo con una persona sfuggente, che attribuisce un grande valore alla propria indipendenza e tende a mantenere una certa distanza, sia emotiva che fisica. Attenzione, perché la combinazione “ansioso-sfuggente” può essere particolarmente destabilizzante per chi ha un attaccamento insicuro di tipo ansioso.
Ma il punto è un altro: le farfalle nello stomaco non sono il criterio migliore per orientarci nella scelta di un potenziale partner. Il vero criterio dovrebbe essere il sentirci a nostro agio, quella sensazione di casa che, a volte, viene scambiata per noia e invece è qualcosa di molto diverso e infinitamente più prezioso: è il corpo che si rilassa, il cuore che non ha bisogno di difendersi, il sistema nervoso che smette di correre e inizia, finalmente, a respirare.
Come ben descritto dalla psicologia dell’attaccamento – ti consiglio a questo proposito, il meraviglioso libro di Amir Levine e Rachel Heller: “Insieme. La scienza delle relazioni, come trovare – e conservare – l’amore“, ed. Tea – quando percepiamo l’altra persona come una base sicura, cioè come qualcuno capace di ascoltarci, accoglierci e sintonizzarsi emotivamente, non sentiamo il bisogno di metterci in mostra o di proteggerci a ogni costo. Possiamo semplicemente essere.
E quella sensazione di pace che si mescola alla curiosità allora non è un segnale debole, ma uno dei più potenti indicatori che ci troviamo davanti a una connessione autentica. Non è detto che diventi per forza un grande amore, ma forse… conviene restare e vedere cosa succede.
Questo articolo è tratto dalla newsletter di Carolina, per riceverla in anteprima puoi iscriverti qui.