Ti amo anche così. Questa è la storia di Matteo e di come, togliendosi l’armatura, ha trovato un amore ancora più vero.
Un po’ di tempo fa, in seduta con Matteo
Matteo sospira, ha l’aria esausta: “Continuo a fingere che vada tutto bene, ma dentro sono a pezzi. Ho paura che, se Laura mi vedesse così, penserebbe che sono un debole e smetterebbe di stimarmi. In fondo, si è innamorata di me quando ero sempre sicuro, energico, capace di affrontare tutto. Non credo che potrebbe reggere questa parte di me che non ha niente di brillante.”
Comprendo bene la posizione di Matteo: per anni ho avuto anch’io tantissima paura di mostrarmi fragile, ed è stato un grande ostacolo nelle mie relazioni.
“Capisco che per te vacillare sia sinonimo di debolezza, e che questo ti faccia sentire come se la terra potesse aprirti sotto ai piedi da un momento all’altro, ma proviamo per un momento a immaginare cosa accadrebbe se, invece di nascondere la tua fatica, la mostrassi a Laura.”
Matteo sospira, rimane in silenzio per un attimo, poi dice: “Temo che mi vedrebbe come un peso. Che pensi: Non è più l’uomo forte che credevo”.
Vorrei abbracciarlo, ma so che serve altro: “E c’è anche una possibilità diversa?”
“…Che resti. Che mi stia accanto. Ma faccio fatica a crederci.”
Bisogna che glielo dica chiaramente: “Sai, Matteo, capisco la tua paura e da dove viene. Ma anche se adesso può sembrarti strano, a volte un legame si fa ancora più profondo quando non possiamo più recitare la parte del ‘sempre forte’ e scopriamo che l’altro rimane accanto a noi. Non nonostante la fragilità, ma anche grazie a quella.”
Matteo, con le lacrime agli occhi: “Se fosse davvero così, sarebbe una liberazione enorme. Non dover dimostrare sempre qualcosa.”
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Una settimana dopo, sempre in seduta con Matteo
Matteo arriva con un’altra faccia. È sempre stanco, si vede, ma anche più sorridente, come se si fosse liberato di un peso.
“È successa una cosa che non mi aspettavo. L’altra sera ero distrutto. Ho provato a resistere, a mettere su la solita maschera del ‘va tutto bene’, ma non ce l’ho fatta. Mi sono lasciato andare e ho raccontato a Laura la fatica che sto facendo al lavoro, tutte le preoccupazioni che ho, quanto mi sento disorientato e perso. Ero terrorizzato, convinto che l’avrebbe vissuta come una delusione. Invece mi ha guardato, mi ha stretto forte e accarezzandomi mi ha detto: ‘Matte, io ti amo anche così. Forse ancora di più. Ci sono per te, mettitelo in testa’. È stato come se mi fosse caduta di dosso un’armatura pesantissima.”
Mentre lo ascolto, mi sento anch’io come liberata da una morsa. Sono davvero felice che Matteo non debba più recitare la parte dell’uomo invincibile. È stato coraggioso.
Il coraggio si può coltivare
A volte pensiamo che una relazione ci salverà da tutte le nostre insicurezze. Ma per viverla davvero ci vuole anche il coraggio di accettare che non sempre ci sentiremo al sicuro, e che non sempre sarà comodo.
Ci vuole coraggio per restare nel dialogo quando le incomprensioni fanno riemergere vecchie ferite, invece che scappare.
Ci vuole coraggio per ammettere di non sapere già tutto o di non avere sempre ragione. Per sbagliare e imparare dagli errori. Lo dobbiamo a noi stessi, per continuare a crescere, e all’altra persona, se vogliamo crescere con lei.
Ci vuole coraggio per mostrarsi vulnerabili. Quando siamo stanchi, arrabbiati, fragili, malati, quando falliamo o semplicemente non siamo brillanti, potremmo temere di perdere il controllo, esponendoci al rischio di essere feriti o rifiutati.
Eppure, come ha fatto Matteo, permetterci di essere visti nella nostra fragilità e scoprire che l’altra persona resta è l’unico modo per nutrire la fiducia.
Anche la normalità di una relazione duratura richiede coraggio, perché comporta l’accettare che non possiamo piacere sempre e che l’altro non potrà piacerci sempre. Per restare bisogna smettere di inseguire la perfezione e scegliere invece la tenerezza reciproca verso i nostri limiti e quelli dell’altra persona.
Infine, serve il coraggio di affrontare il cambiamento insieme, anche quando è faticoso o diverso da ciò che immaginavamo. Malattie, lutti, difficoltà economiche o lavorative possono farci sentire sopraffatti. A volte è solo il segno del volerci essere senza sapere come, altre volte che il legame non è così solido.
Ti sei mai chiesto se hai il coraggio che serve per vivere pienamente una relazione?
Per fortuna il coraggio si può coltivare
Come?
– restando nel dialogo anche quando verrebbe voglia di scappare
– accettando di sbagliare e imparare
– permettendosi di essere visti nella propria vulnerabilità
– scegliendo la tenerezza invece della perfezione
– affrontando insieme i cambiamenti, un passo alla volta.
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Questo articolo è tratto dalla newsletter di Carolina, per riceverla in anteprima puoi iscriverti qui.









