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Anna e le maiuscole
C’era una volta una ragazza di nome Anna. Aveva un’età indefinita, ma una credenza certa: Anna credeva nell’Amore. Quello vero, con la A maiuscola, che quando lo incontri il cuore ti batte all’impazzata, a momenti sragioni o proprio non capisci più niente, succedono cose magiche e coincidenze incredibili e allora puoi starne certa: hai trovato la persona giusta, anzi Giusta, con la G maiuscola. Anna, in realtà, di persone Giuste ne aveva già incontrate un po’ nella sua vita, solo che da Giuste erano poi diventate giuste e poi sbagliate o proprio Sbagliate. E così, la nostra Anna era ancora alla ricerca della persona giusta per davvero.
A volte Anna, a suon d’incontri frastornanti con persone giuste rivelatesi poi, pur con modi e tempi diversi, alquanto deludenti, si chiedeva se forse non sbagliava qualcosa nell’approccio, o se non era proprio sbagliata lei. Poi, però, diceva a sé stessa che non bisogna essere negative, e che il destino prima o poi sarebbe stato dalla sua parte. Avrebbe incontrato la sua persona Giusta, era solo una questione di tempo, pazienza e fiducia.
Per tanti anni, ho ragionato, non dico del tutto, ma un po’ come Anna. Non sono però qui per raccontarti di tutte le volte in cui ho preso fischi per fiaschi, alcune le trovi accennate tra le pagine di Semplicemente Single. Quello che invece vorrei fare in questa lettera è dirti quel che poi, per fortuna, ho imparato nel tempo studiando, vivendo e continuando a lavorare su di me.
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L’istinto ci guida verso ciò che è famigliare
Alcune persone credono che trovare l’amore, inteso come una persona con cui prendersi per mano per attraversare, insieme, la vita nei suoi alti e nei suoi bassi, sia cosa facile. Basta affidarsi all’istinto e, fidati, ti porterà verso la persona giusta. Quando la incontrerai, proverai delle emozioni fortissime e capirai inequivocabilmente che è lei e che, finalmente, il destino vi ha fatti incontrare. Peccato che l’istinto, invece che guidarci verso ciò che è ideale, tenda a spingerci verso ciò che è famigliare e non tutti, da bambini, abbiamo vissuto le stesse esperienze con chi si prendeva cura di noi.
Chi è cresciuto in un contesto famigliare tutto sommato sano, in presenza di adulti capaci di capire le sue emozioni e sintonizzarsi con i suoi bisogni, cresce fidandosi del fatto che l’amore non è qualcosa di pericoloso, a cui si deve stare attenti, che può essere sottratto da un momento all’altro o per cui si deve fare i salti mortali e da adulto, proprio perché siamo attratti da ciò che ci è famigliare, tenderà ad essere attratto da persone capaci di tenerezza e cura, e non da persone fredde, sfuggenti o svalutanti, che rendono la relazione un luogo spigoloso.
Ma la storia si sviluppa in modo diverso per chi ha avuto esperienze infantili in cui l’amore è stato, per così dire, impastato con altri ingredienti, e ai momenti di tenerezza e cura, se presenti, ne sono stati aggiunti altri in cui bisognava, per esempio, stare attenti a non fare arrabbiare mamma, o a non deludere papà, o bisognava prendersi cura di un genitore fuori controllo a scapito del poter essere semplicemente bambini. Quando l’amore da piccoli si mescola con la svalutazione, la trascuratezza, la freddezza, il ricatto o il pericolo, da adulti finiremo con l’essere attratti da persone che propongono una miscela che ha un sapore non identico, ma per certi versi simile, che per noi è il sapore dell’amore, quando invece altro non è che il sapore della famigliarità.
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Ci si può lavorare
Per fortuna, c’è una buona notizia: se apparteniamo a questa seconda categoria, possiamo lavorare su di noi per fare scelte relazionali più sensate, che ci permettano di vivere storie d’amore dove la tenerezza, la cura e la compassione reciproche non vengano associate alla noia o a qualcosa per cui lottare, ma al minimo sindacale per condividere noi stessi con un altro essere umano.