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In seduta di coppia
Dovevamo proseguire con un esercizio iniziato la settimana precedente, ma quando Marianna e Diego arrivano su Zoom, visibilmente stanchi e rattristati, con gli occhi che a tratti si cercano ma più spesso si evitano, capisco subito che non è cosa.
“È successo un casino… ieri abbiamo avuto una giornata difficile e la sera è successo un casino, è stato un disastro proprio”, dice Diego scuotendo la testa mentre Marianna sospira e aggiunge: “Se sei d’accordo, vorremmo affrontare insieme a te quello che è accaduto ieri”. Certo.
Mi raccontano di una giornata molto faticosa per entrambi, su due versanti. Da una parte, il prericovero della figlia Chiara, 3 anni, che domani verrà operata in anestesia totale. Dall’altra, l’emergere di questioni legate al lavoro di Diego, che li hanno attivati su un conflitto perpetuo su cui stiamo cercando, da un po’, di trovare un punto di incontro. Un luogo che permetta loro di continuare ad amarsi senza sentire che, per farlo, uno dei due deve tradire sé stesso.
“Mi avevi promesso che se il prericovero fosse durato a lungo saresti andato a prendere Gaia a scuola”, Gaia, 6 anni, è la loro prima figlia, “ma poi, mi chiami a mezzogiorno cercando di sottrarti agli impegni presi, dicendomi che una collega è malata e se possiamo chiedere ai miei di andarla a prendere, non capisci quanto mi ferisce?” Apprendo che Diego è poi andato lui stesso a prendere la figlia maggiore, per poi tornare in ufficio.
Ma non è nulla, rispetto a ciò che è accaduto qualche ora dopo: “Ho dovuto chiamare Marianna per spiegarle che il presidente dell’azienda mi ha chiesto, per questo sabato pomeriggio, e sabato è anche il compleanno di Gaia, di parlare a una convention molto importante perché uno dei miei superiori è in Giappone e l’altro a Dubai. In realtà non me l’ha chiesto, mi ha detto che devo, punto, perché nessun altro può farlo”, dice Diego.
Marianna ci è rimasta molto male: “Non posso credere che stia accadendo ancora, siamo proprio sicuri che nessuno possa sostituirti? La tua collega Monica?”
Già provati dalle preoccupazioni per la salute di Chiara, sia Marianna che Diego hanno accumulato stanchezza e risentimento nelle ore successive. Sino a quando, entrambi a casa e messe a letto le bambine, il tentativo di avere un dialogo sulla questione è diventato un’esplosione di emozioni, soprattutto da parte di Diego che non è abituato a dare un nome a ciò che prova e, anche per questo, ne viene travolto: “Ho detto delle cose terribili, che ero stufo di giustificarmi e doverle ripetere che non potevo fare altrimenti e che, se non le andava bene, poteva anche fare le valigie e andarsene!”.
Marianna, asciugandosi le lacrime: “Ho detto a Diego che stava andando in escandescenza, che doveva calmarsi e piuttosto uscire dalla stanza e farsi un giro, ma non ha voluto ascoltarmi”. Diego: “Mi sento una merda”.
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In una relazione, verremo provocati
C’è chi pensa che una relazione sentimentale sia un luogo asettico, purificato da ogni genere di conflitto, tormento, insicurezza. Non è così. Se è vero che in una relazione sana dobbiamo sentirci al sicuro, lo è altrettanto che, prima o poi, verremo provocati. Anche quando faremmo di tutto per evitarlo e anche quando ci amiamo moltissimo come Marianna e Diego che, nonostante continuino a cadere, non vorrebbero mai ferirsi.
Stare in una relazione sana non significa evitare le provocazioni. Non è possibile, per la semplice ragione che, come dice Gabor Maté, quando ci innamoriamo di un’altra persona, ci avviciniamo su due livelli: quello più evidente dell’attrazione, per cui la troviamo sexy, simpatica, intelligente e ci piace così tanto attraversare il tempo insieme, e quello che ci fa cercare, nell’altra persona, l’amore che non abbiamo ricevuto da bambini. Con il risultato, come mi ha scritto l’altro giorno la mia amica Elisa parlando di altre vicende, che “a volte la nostra reazione al comportamento di partner non è indirizzata a partner, ma è l’effetto di una valanga che viene da lontano e se ti capita di passare di lì al momento sbagliato, la valanga finisce su di te”.
A volte la valanga è una ferita mai curata, un dolore che non abbiamo risolto. Per Marianna, che continua a sentire che Diego dà troppa attenzione al lavoro a scapito suo e delle figlie, non c’è solo una questione valoriale, ma una ferita lontana: Marianna è cresciuta non sentendosi vista, perché in famiglia c’era sempre qualcuno che aveva più bisogno di lei. E a volte la valanga crea, nell’altra persona – in questa storia Diego, ma potrebbe succedere a chiunque di noi – un’altra valanga e si finisce per essere entrambi sommersi dai detriti. Chiedendoci come sia possibile essere arrivati lì nonostante tutto l’amore che c’è.
Imparare a gestire le provocazioni
Dobbiamo prenderci cura delle nostre ferite e imparare a gestire le provocazioni così da non farci completamente travolgere.
Si tratta d’incrementare la consapevolezza: dei pensieri che abbiamo più spesso, delle emozioni che ci attraversano, delle nostre vulnerabilità e di ciò che ci fa reagire in modo forte, a volte troppo forte.
È anche una questione di conoscere bene non solo ciò che ci fa reagire, ma come si manifesta la reazione in sé. Cosa facciamo quando veniamo provocati? Alziamo la voce, minacciamo, ci chiudiamo a riccio, ci profondiamo in mille scuse anche quando non è il caso? Dovremmo imparare a notare il sorgere di queste reazioni dentro di noi, senza agirle. La mindfulness, da questo punto di vista, non aiuta tantissimo: di più.
Pratica con gli audio di mindfulness
Infine, è di vitale importanza scaricare l’energia in eccesso di cui si riempie il nostro corpo quando ci sentiamo minacciati. Quando ci sentiamo minacciati infatti, e può accadere in qualsiasi situazione stressante, incluso un conflitto con chi amiamo, si attiva in noi la cosiddetta risposta di attacco-fuga. In un attimo, la nostra corteccia cerebrale invia al sistema nervoso simpatico il messaggio di preparare il corpo a proteggere noi stessi e il nostro benessere. Il corpo si attiva, ma la nostra capacità di ragionare in modo lucido viene intaccata, ed è per questa ragione che finiamo con il dire o fare cose di cui poi ci pentiamo.
Quando in una discussione ci accorgiamo che la temperatura emotiva è diventata troppo alta, liberare il corpo dalla tensione che lo tiene in ostaggio è una priorità assoluta.
Benissimo, dunque, chiedere un time-out che non va visto come una punizione, ma come una scelta protettiva della relazione, e farsi una doccia calda, saltare, riordinare casa, fare le flessioni, uscire a passeggiare… così da ritrovare l’equilibrio e riprendere a parlarsi ricordando l’amore che c’è, al di là delle divergenze.
In ogni caso tutti, prima o poi, verremo provocati. Anche quando siamo adulti maturi. Per fortuna, possiamo imparare a gestire le valanghe.