Siamo tutti depressi?
L’altro giorno una cara amica, che ero passata a salutare nel suo negozio prima che chiudesse, mi ha chiesto candidamente: “Caro, ma secondo te siamo tutti depressi?”. Ho sentito un peso sul petto e la necessità di fare un grande sospiro. Mi sarebbe tanto piaciuto, così, di primo acchito, rassicurarla. Poterle dire di no, che non è vero, che la pandemia da COVID-19 impatta “solo” l’economia e gli ospedali. Come se le parole economia e ospedale fossero qualcosa di astratto, che non riguarda le persone, un oggetto che possiamo allontanare nonostante il progressivo silenzio delle strade, e il passaggio delle ambulanze a sirene spiegate a tutte le ore del giorno e della notte. “Sembra quasi di vivere accanto all’ospedale”, mi ha detto l’altro giorno un mio paziente che, come me, vive in centro a Milano.
La comprensibile e umana pandemia del disagio mentale
Ma basta guardarsi intorno, avere anche solo un po’ di voglia di ascoltare senza per forza fare il mio mestiere, per capire che c’è un’altra pandemia in corso, quella del disagio mentale.
Se penso: alle ansie direttamente legate al Covid-19, alle esigenze spesso trascurate di chi ha altri bisogni di cure, all’incertezza sulla situazione economica che colpisce alcuni in modo inaspettato e terribile, alla necessità di adattarsi a condizioni di lavoro senza precedenti, all’impatto sui bambini, sugli adolescenti e sulle loro famiglie, su tutti gli studenti, sugli anziani e su tutte le categorie più fragili, ai provvedimenti restrittivi delle libertà che davamo per scontate e a una loro comunicazione con modalità su cui potremmo discutere per ore, alla necessità di distanziamento quando mai come ora avremmo bisogno di vicinanza, di sorrisi e di un abbraccio e all’incertezza rispetto a quando tutto questo finirà… bisognerebbe essere fatti di gomma, senza cervello né cuore, per non provare disagio in questa situazione che non risparmia nessuno.
Lo studio del Center for Disease Control and Prevention
Uno studio del Center for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti uscito recentemente evidenzia come, nella popolazione americana, la prevalenza dei disturbi d’ansia risulta triplicata, e quella dei disturbi depressivi quadruplicata rispetto a giugno 2019 (aumenti di questa intensità sono rarissimi nella storia) e non è difficile immaginare che i dati siano simili in altre parti del mondo, Italia compresa.
E quindi, tornando alla mia amica, le ho risposto che non siamo tutti depressi, non in senso clinico perlomeno, ma è innegabile che collettivamente non stiamo bene, che i tempi in cui cantavamo fuori dal balcone sono passati, e che tutti viviamo uno stato di delusione e di preoccupazione cronica di cui dobbiamo assolutamente prenderci cura.
“Dormi bene” è l’augurio che facciamo a chi amiamo
Di ritorno a casa, ho pensato a lungo a come si potrebbe fare per non restare annichiliti di fronte a tutta questa sofferenza, che è anche la mia, e a come avrei potuto dare un contributo. Contribuire mi fa sentire viva, e mi aiuta a dare un senso alle cose così che io, per prima, mi sento meno sopraffatta.
Sono affiorati ricordi della mia esperienza clinica e di insegnante di mindfulness, e di tutti i momenti in cui mi sono sentita vulnerabile e bisognosa di rassicurazione, e ho pensato a una piccola cosa che però non è poi così piccola: il sonno. “Dormi bene” è l’augurio che facciamo a chi amiamo, perchè vogliamo il suo bene e in cuor nostro sappiamo quanto è importante il riposo.
Dal 10 novembre al 4 dicembre 2020, ti aspetto con un Team della Buona Notte composto di donne eccezionali, per sentirci più vicini e lasciare andare lo stress della giornata, 6 sere su 7 dalle 22 alle 22.20. La partecipazione è gratuita.