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La positività tossica, cioè l’insieme di modi di fare, di pensare e di comunicare orientato a esibire e spingere il benessere a tutti i costi e in ogni momento della vita, non solo è profondamente innaturale ma sa essere anche molto dannosa, perché sostiene una visione distorta della realtà e alimenta i sentimenti di inadeguatezza.
Non possiamo controllare tutto, nessuno di noi può essere sempre felice, volere non è, sempre, potere e guardarti allo specchio ripetendoti all’ossessione che sei bellissimo o simpaticissimo o intelligentissimo non cambierà l’immagine che hai di te, se non per pochi secondi. La positività tossica è come mettere un cerotto su una ferita purulenta. Serve un lavoro più profondo, mi spiace.
Invece di insistere nel convincerci superficialmente che tutto va bene, o nell’alimentare sentimenti di onnipotenza che, nel lungo termine, ci sfiancano, possiamo imparare a riconoscere e dare valore a ciò che sentiamo, così da potere ascoltare la nostra parte più autentica e prendercene cura.
Come dice Pema Chodron:
“Le affermazioni positive sono come urlare che sei ok per coprire quel sussurro che ti dice che non lo sei”.
Per fortuna, c’è anche una buona notizia, prosegue la grande Pema Chodron:
“Forse non sei ok. Be’, se non lo sei non è una catastrofe. Nessuno di noi è ok, ma tutti noi siamo ok”.








