Già gli studi sul monaco buddista Matthieu Ricard, di cui prima o poi vi parlerò, testimoniano che la felicità è qualcosa che si può imparare e che meditare può renderci drasticamente più felici.
Ma qualcuno potrebbe argomentare che Ricard è un campione olimpionico della meditazione: uno di quelli che si allena tutti i giorni più volte al giorno e che conduce uno stile di vita ben lontano da quello della maggior parte di noi che, nel tempo libero, non facciamo certo i traduttori ufficiali dei discorsi del Dalai Lama.
Cosa potrebbe dunque succedere a noi gente comune, presa fra lavoro, scuola, amori, famiglia, rate, traffico ed altre vicende di più o meno ordinario stress, se decidessimo di impegnarci in un training intensivo di mindfulness?
A questa domanda ha voluto rispondere il reporter della BBC David Sillito, partecipando ad un programma MBSR di gruppo a conclusione del quale si è sottoposto ad uno scan MRI insieme ad un’altra partecipante, Fiona, che aveva aderito al programma MBSR nella speranza di ridurre il dolore cronico determinato dal lupus da cui è affetta.
I risultati si sono rivelati interessanti sia per Fiona, che per Sillito.
Fiona ha trovato conferma della sua esperienza soggettiva di riduzione del dolore attraverso la meditazione in un’ immagine MRI che evidenzia chiaramente che, quando medita, le aree del cervello che solitamente si attivano in relazione al dolore si attivano in misura decisamente minore.
E Stillito ha scoperto che, sempre meditando, un’area del suo lobo frontale associata per tutti noi con la tendenza a porre sé stessi al centro di ogni esperienza è decisamente meno attiva, dato che suggerisce che Stillito diventi più sereno ed empatico.
Ora, non è che due MRI scan possano essere considerati prove definitive. Ma i risultati sono in armonia con quelli di altre ricerche scientifiche che suggeriscono che la mindfulness riduce lo stress, il dolore, e persino la nostra tendenza a darci, a volte, un po’ troppa importanza.