Durante l’ultimo Medita con Caro di quest’anno, durante il quale, ancora una volta, insieme abbiamo abitato la vulnerabilità (grazie per esserci stati!) vi ho letto una poesia che, in tanti, mi avete chiesto di poter avere. Eccola qui, tradotta al meglio delle mie possibilità, tutta per noi.
Meditazione sulla vulnerabilità, di David Whyte
“La vulnerabilità non è una debolezza, un’indisposizione passeggera, o qualcosa di cui possiamo scegliere di fare a meno. La vulnerabilità non è una scelta. La vulnerabilità fa parte del nostro stato naturale come una sottocorrente continua e immutabile.
Fuggire dalla vulnerabilità vuol dire fuggire dall’essenza della nostra stessa natura. Il tentativo di essere invulnerabili è il vano tentativo di diventare qualcosa che non siamo e, soprattutto, di chiuderci alla nostra comprensione del dolore degli altri.
Fatto ancora più grave, nel rifiutare la nostra vulnerabilità rifiutiamo l’aiuto che ci serve ad ogni svolta della nostra esistenza e paralizziamo le fondamenta essenziali della nostra identità, che sono ondulatorie e conversazionali.
Possedere un temporaneo ed isolato senso di potere su tutti gli eventi e le circostanze, è un privilegio carino e illusorio, forse la prima e più magnificamente costruita presunzione dell’essere umano, specialmente del giovane essere umano.
Ma è un privilegio che dev’essere abbandonato con la stessa gioventù, con la cattiva salute, con gli incidenti, con la perdita delle persone che amiamo e che non condividono con noi i nostri straordinari poteri. Poteri che infine con grande empatia lasciamo andare, quando ci avviciniamo al nostro ultimo respiro.
L’unica scelta che abbiamo quando maturiamo è come abitiamo la nostra vulnerabilità, come diventiamo più grandi e più coraggiosi e più compassionevoli grazie alla nostra intimità con ciò che che si dissolve.
Possiamo abitare la vulnerabilità come generosi cittadini della perdita, con forza e pienamente o, al contrario, con atteggiamento misero, lamentoso, riluttante e timoroso, sempre sul varco dell’esistenza, però mai tentando di entrarci dentro con coraggio e pienamente. Mai desiderando di rischiare noi stessi, mai attraversando pienamente la porta.”
Le parole che hai appena letto sono tratte dal libro “Consolations. The Solace, Nourishment and Underlying Meaning of Everyday Words”, del poeta inglese David White. Le ho tradotte al meglio che ho potuto. Puoi trovare il testo originale sul sito di Onbeing.org.
A presto,
Caro