Se sei mai stato/a o sei in una relazione, appena nata o di lungo termine, ti sarà forse capitato, almeno una volta, di non capacitarti del comportamento di partner, interpretandolo come un segno di disattenzione nei tuoi confronti, o di mancanza di rispetto, o di vera e propria aggressività: “Come fa a non capire che il suo disordine mi dà fastidio?”, “Come ha potuto dire ai nostri amici che saremmo andati a cena da loro senza prima consultarmi?”, “Lo fa apposta ad arrivare in ritardo ogni volta!”.
Da una seduta
Leonardo vorrebbe che Claudia, sua moglie, ogni tanto facesse la spesa per la cena, magari approfittando delle uscite a passeggio con Gilda, la loro bimba di 6 mesi. Gli chiedo se ha provato a parlargliene: “Certo! L’altro giorno le ho fatto una battuta sarcastica, ma non ha capito”, mi risponde deluso.
Spiego a Leonardo che, oltre al fatto che il sarcasmo difficilmente predisporrà la sua compagna a fare qualcosa o, quantomeno, a farlo di buon animo, capita più spesso di quanto non vorremmo che i nostri bisogni, per essere capiti, debbano essere comunicati in modo decisamente più chiaro di quanto possa fare una battuta, detta magari mentre entrambi si è impegnati a rassettare la cucina.
Leonardo controbatte: “Però io mi aspetto che lei capisca, perché io sono sempre molto generoso con gli altri e non capisco come si possa non esserlo. Io al posto suo ci avrei già pensato”.
Ricordo a Leonardo che non siamo tutti uguali. Non tutti funzioniamo nello stesso modo, leggiamo le situazioni e reagiamo ad esse nello stesso modo, né tantomeno amiamo nello stesso modo. Questo non significa negare l’importanza che i nostri bisogni vengano riconosciuti, ma non possiamo aspettarci che l’altra persona li capisca magicamente, né che il suo trascurarli sia necessariamente una forma di non amore. A volte, semplicemente, non ne è al corrente.
Lavoriamo insieme su come Leonardo può comunicare a Claudia il suo desiderio di sentirsi un po’ accudito, esplorando cosa si cela dietro alla sua richiesta: “Mi farebbe sentire meno solo nell’occuparmi di tante cose e anche un po’ coccolato”.
Il fraintendimento che vuole le psiche tutte uguali
Si sa, a volte abbiamo aspettative irrealistiche nei confronti di noi stessi. Ma anche degli altri. Vorremmo che leggessero i nostri bisogni alla luce delle nostre categorie mentali, senza comunicarli veramente, o facendolo in modo confuso o aggressivo.
Deriva anche dalla nostra storia famigliare, da cosa succedeva quando qualcuno a casa comunicava i propri bisogni, se venivano comunicati: giudizio, stizza, svalutazione? Oppure accoglienza, sostegno, comprensione? O cos’altro ancora? In ogni storia ci sono intrecci emotivi unici e inimmaginabili, che possono portare un bambino diventato adulto a non saperli nemmeno riconoscere i propri bisogni, o a chiedere con timore, quasi scusandosi, oppure urlando e sbattendo i pugni.
Resta che in molti finiamo col pensare, almeno una volta, esattamente come Leonardo: “Io al posto suo…” e che questo enorme fraintendimento che vuole che le psiche siano tutte uguali ci impedisce di guardare a fondo dentro noi stessi, per comunicare con chi amiamo in modo più vulnerabile, onesto e costruttivo.
Questo articolo è tratto da una newsletter inviata il 15 settembre 2024. Se vuoi, puoi iscriverti alla newsletter qui.