Antidoto all’invidia a partire da 12’30”
L’invidia: tutti la provano ma nessuno (o quasi) lo dice
Specchio specchio delle mie brame, chi è la più invidiosa, o il più invidioso, del reame?
Non è dato saperlo, perché l’invidia, che tra i peccati capitali è l’unico a non esser divertente, è un sentimento tabù. Psicologi, antropologi e filosofi concordano nel dire che a tutti può capitare di provare scontentezza, o rabbia persino, nel notare che qualcun altro possiede, per impegno o fortuna, qualcosa che noi desideriamo ma che, ahimè, non possediamo. Ma nessuno osa dirlo, e alcuni faticano ad ammetterlo persino nel segreto della relazione con sé stessi.
Forme dell’invidia e sue manifestazioni
Eppure, l’invidia è così universale che non solo si manifesta con diverse intensità, ma possiede, persino, diverse forme. C’è l’invidia classica in cui soffriamo nel vedere che qualcuno ha qualcosa che non abbiamo e che vorremmo o pensiamo ci spetti di diritto, c’è la schadenfreude, il piacere provato per le disgrazie altrui, c’è la friendvy, o frienvy, l’invidia per il successo degli amici, specialmente quando le cose gli vanno alla grande, e c’è la forma ribaltata dell’invidia, quella di chi ama suscitarla nel prossimo.
Già, perché l’invidia ha anche varie manifestazioni. L’esibizione sfacciata, il pettegolezzo, i consigli non richiesti che mirano sottilmente a farci sentire inadeguati e, talora, taluni inspiegabili allontanamenti nei momenti di fortuna sono, spesso, una conseguenza dell’invidia e manifestazione più o meno diretta di questa.
Il prezzo salato dell’invidia e come porvi rimedio
“Non è giusto”, “Perché lei sì e io no”, “Cos’ha lui più di me”, “Non te lo meriti”, “Vorrei che cadesse in un fosso” e gentilezze simili sono tutti pensieri che l’invidioso può avere e che rischiano di danneggiarlo moltissimo.
Perché ciò che ci sfugge quando siamo invidiosi, è il prezzo salato che paghiamo non per colpa del caro, o della cara, invidiata, ma a causa della nostra inconsapevolezza. Coltivare l’invidia è come bere una tazza di caffè avvelenato.
Quando ci capita di provare invidia, faremmo bene a osservare le conseguenze, nel corpo, del coltivare i nostri pensieri tossici e a chiederci se ne vale, davvero, la pena. Se davvero ci piace stare con tutte quelle sensazioni spiacevoli di cui, forse, non ci eravamo accorti.
Quando l’invidia viene a farci visita, conviene chiederci se la storia che ci raccontiamo è vera. Se siamo sicuri che l’altro non meriti ciò che ha, se davvero la vita è ingiusta – può anche esserlo, ma farne una malattia non ci aiuterà certo ad affrontarla- e se non potremmo per esempio imparare qualcosa da chi invidiamo, trasformando la mancanza che sentiamo dentro di noi, il vuoto rabbioso che ci assale, devasta e deforma, in un’informazione costruttiva che indichi strade da percorrere e qualità da coltivare, e un progetto di fioritura possibile.
L’invidia nasce da una convinzione di carenza, da quella che io chiamo la mentalità del povero, che ci porta a credere di non essere o di non avere abbastanza per vivere al meglio questo momento. Meditare può aiutarci a vedere che si tratta solo di un’illusione. A fidarci, prima, e a sentire con certezza inequivocabile, poi, che siamo già unici e che, proprio per questo, possiamo gioire per la gioia degli altri senza che quest’ultima ci tolga qualcosa.
Per aiutarci a vedere i nostri doni, la pratica della gratitudine può essere un grande sostegno. La trovi in questo video, a partire da 12’30”.