Sia da single che in coppia, facciamo di tutto per far sì che la nostra vita amorosa funzioni. O quasi tutto. Leggiamo libri di self-help, ascoltiamo podcast a tema, partecipiamo a workshop e corsi, impariamo a meditare, andiamo in psicoterapia… Più in generale, molti di noi sono cresciuti pensando che per ottenere dei risultati ci si debba mettere impegno e quindi non stupisce che, presi da questa logica, ci impegniamo anche in amore. Peccato che l’amore, anche se a volte ci piacerebbe che fosse così perché ci sembrerebbe più facile da controllare, non sia un compito da eseguire.
L’amore, di fatto, è una variabile meno governabile rispetto per esempio alla vita professionale – conosco persone, e forse anche tu, con carriere brillantissime e storie sentimentali che fanno acqua da tutte le parti – o al curare la propria immagine su un social network – sarà per questo che alcune persone preferiscono le relazioni virtuali a quelle reali? Ma tornando a noi: l’amore è complesso, tanto più accecante quanto più desiderato e tanto più struggente quanto più non si sa come fare ad avvicinarvisi, o a farlo arrivare nella propria vita e tenerlo con sé, evitando che si spenga o se ne vada.
Sia chiaro, impegnarsi di per sé non è sbagliato. Solo che, a volte, il nostro impegno si trasforma in compiacenza, o in ostinazione o, ancora, in un misto di entrambi gli ingredienti. E finisce che magari facciamo anche la cosa giusta per non perdere l’altra persona, ma perdiamo di vista noi stessi. Oppure, insistiamo nel voler inseguire o guarire, in un misto di presunzione e ingenuità, chi non ha nessuna voglia di ricambiare le nostre attenzioni né, tantomeno, di cambiare.
Da una seduta
Tania ha richiesto un appuntamento con me poco tempo fa. Dopo quasi cinque anni che non ci vedevamo, mi dice di essersi finalmente separata da Giacomo e che, entro la fine di quest’anno, divorzieranno. Ma quasi ogni giorno, senza avvisare e incurante degli accordi presi in fase di separazione, Giacomo si presenta sotto casa di Tania chiedendo di poter entrare per vedere il cane e i figli. Tania non riesce a dirgli di no ma, allo stesso tempo, patisce molto queste sue incursioni: “È come se mi impedisse di ripartire e di rifarmi piano piano una vita. L’ho pregato più volte di non mettermi in questa condizione per cui mi sento costretta a farlo salire, ma lui continua”.
Indagando con Tania cosa le impedisca di proteggersi, assumendosi la responsabilità di ciò che sente invece che delegarla a Giacomo che, evidentemente, ha altri interessi, mi parla inizialmente del timore che i figli non capirebbero ed entrerebbero in conflitto con lei.
Poi, però, emerge anche altro. Nonostante la relazione fosse altamente conflittuale e molto pesante per Tania, che veniva trascurata e svilita in molti modi mentre portava sulle sue spalle la responsabilità di provvedere finanziariamente a tutta la famiglia, Tania non riesce ad accettare che Giacomo abbia gettato la spugna – è stato lui a interrompere la psicoterapia di coppia e a chiedere, un giorno, di porre formalmente termine al matrimonio.
Inizialmente Tania ha sperato che la separazione le avrebbe dato sollievo: “Tutti mi dicevano: vedrai, quando Giacomo uscirà di casa, starai meglio. E invece è uno strazio, ogni volta che lo vedo o ci ripenso, come adesso, mi fa male il cuore”. A volte si chiede dove ha sbagliato, se avrebbe potuto fare qualcosa di diverso per far funzionare il suo matrimonio. Altre volte, invece, riconosce di essere stata in una dinamica che si è ripetuta uguale a sé stessa per anni, in cui le sue richieste di vicinanza e sostegno venivano immancabilmente deluse, e altrettanto immancabilmente Tania tornava a insistere con un Giacomo sempre più sfuggente.
Tania non è stupida e parla di: “relazione tossica”, ma un’educazione dura e colpevolizzante, insieme all’abitudine della madre a prodigarsi in giudizi gratuiti e impietosi su di lei, la portano a pensare che, invece che lasciare andare l’idea che la relazione possa funzionare per fare spazio a qualcosa di meglio, la soluzione sia impegnarsi, costi quel che costi, pur di non sentirsi sbagliata. È la nostra prima seduta dopo tanto tempo. Ci salutiamo dicendoci che abbiamo molto lavoro da fare.
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Assumerci la responsabilità di ciò che sentiamo
Forse la storia di Tania assomiglia per certi versi alla tua, o forse molto poco. Quello che però mi preme dirti è che il buon funzionamento di una relazione non può dipendere tutto da te. Ripeto, perché ogni tanto può servire: il buon funzionamento di una relazione, sia essa appena nata, oppure consolidata, non può dipendere tutto da te.
E se la relazione non funziona, non vuol dire per forza che tu non abbia fatto o non sia abbastanza. Vuol dire “solo” che è giunto il momento di lasciare andare (e visto che su questo la mindfulness aiuta moltissimo: pratica con gli audio di mindfulness).
Biasimarti per il fallimento di una relazione, o perché le cose non vanno come vorresti, non è la strada giusta per una vita relazionale più felice. È invece molto più utile assumerti la responsabilità di ciò che senti, dirlo apertamente, e prendertene cura senza aspettarti che sia l’altro a farlo per te.
Per esempio:
– Se una proposta non ti sta bene, invece di sperare che l’altra persona non te la faccia o capisca magicamente ciò che provi, potresti dire: “Capisco che ti renderebbe felice, ma non me la sento di prendere un cane in questo momento in cui già fatico con la gestione del lavoro e della famiglia. Vorrei che aspettassimo un momento migliore.”
– Se partner ti fa felice quando ti coccola di fronte alla TV, diglielo: “Stasera sono stata proprio bene abbracciati insieme sul divano. Grazie per le coccole che mi hai fatto! E a te, cosa fa stare bene quando siamo insieme?”
– Se sei in una relazione complicata da tanto tempo, invece che aspettare che l’altra persona ti dica cosa prova per te, potresti chiederglielo: “La nostra storia va avanti da mesi ma sto iniziando a sentirmi a disagio con tutta questa confusione. Ho bisogno di chiarezza e mi piacerebbe sapere cosa provi davvero per me. Preferisco saperlo ora prima di stare troppo male”. Magari l’altra persona non ricambierà i tuoi sentimenti, ma almeno potrete avere una conversazione onesta che ti permetterà di fare una scelta consapevole.
– Infine, in una coppia che continua a litigare, smettere di puntare il dito sull’altro e chiederci in che modo noi contribuiamo al conflitto e cosa possiamo fare di diverso è l’unico modo per migliorare le cose.
Lo so, avere il coraggio dei nostri sentimenti, assumercene la responsabilità senza aspettare o insistere che sia qualcun altro a farlo, può fare molta paura, specialmente se non siamo abituati. Eppure è davvero la strada per una vita di relazione più felice.
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Questo testo è tratto dalla newsletter di Carolina. Per iscriverti, vai qui.