“Imparare a lasciare andare dovrebbe essere appreso ancor prima di imparare ad ottenere. La vita dovrebbe essere toccata, non strangolata. Devi rilassarti, lasciare che a volte accada, e permettere agli altri di fluire con essa” ~ Ray Bradbury
Ho trascorso gli ultimi anni della mia vita cercando di coltivare questa semplice intenzione: viverla. Che per me, e per un numero crescente di persone, significa essere pienamente in questo momento.
A volte però mi distraggo: penso a quello che dovrò fare dopo, temo che accadano alcune cose e non altre, rimango impigliata in fatti già successi che mi hanno rattristata o mi hanno fatta arrabbiare, mi preoccupo di quello che possono pensare gli altri, evito ciò che non mi piace anche se andrebbe fatto, mi perdo fra i social networks e il mio smartphone.
Altre volte non solo mi distraggo, ma mi immergo sino al collo in fiumi di appassionate rimuginazioni e vivide fantasie che talora sfociano in azioni impulsive di cui poi mi pento.
Mi capita anche di andare in crisi e giudicarmi severamente travolta da ritornelli in cui mi chiedo se sono stata sufficientemente gentile, compassionevole, empatica, curiosa, attenta, umile, retta, degna…
Sino a quando non ricordo che essere mindful non vuol dire essere perfetti, e che anche notare quando non lo sono, darmi un po’ di tregua e ancorarmi al respiro è mindfulness.
In altre parole, essere presenti non significa sottomettersi a un ideale di perfezione -qualsiasi cosa questo voglia dire per noi- ma vuol dire scegliere di coltivare un’intenzione e imparare a rilassarsi in un processo in cui dimentichiamo e ricordiamo, cadiamo e ci rialziamo, ci agitiamo e troviamo la pace, resistiamo e accettiamo, inspiriamo ed espiriamo, più e più volte.
Significa coltivare equilibrio, flessibilità e compassione imparando dal passato per migliorare, quando è possibile, il nostro presente e il nostro futuro.
E allora, in questi giorni in cui molti di noi riflettono sui buoni propositi del 2014, potremmo ricordarci di un’intenzione che può sostenere molte delle nostre pianificazioni e strategie: considerare l’anno che è appena iniziato come una pratica.
Vuol dire sapere, e accettare, che a volte ci allontaneremo dalle nostre intenzioni, e che questo non ci rende difettosi, ma umani.
Vuol dire sospendere i giudizi negativi che possono emergere nei nostri confronti, e renderci invece disponibili a imparare dall’esperienza, a metterci in discussione senza massacrarci e a ricominciare da capo.
Vuol dire accettare la realtà dell’imperfezione, nostra e degli altri o, se preferite, accettare che è tutto perfetto così com’è, se solo scegliamo di considerarlo come un’occasione di risveglio.
Vuol dire che oggi vi auguro, e lo auguro anche a me stessa, di commettere degli errori in questo 2014. Alcuni saranno vecchi, a volte leggeri, altre spaventosi: percorsi tracciati da abitudini consolidate che potremo guardare meglio e che ci diranno dove siamo sino a quando non ci responsabilizzeremo e saremo pronti a cambiare strada. Altri saranno nuovi, talora a stento percettibili, in altri casi clamorosi: ci diranno che abbiamo preso nuovi sentieri, che siamo stati curiosi, avventurosi, disponibili, unici.
Ci diranno che stiamo vivendo la nostra vita, al meglio delle nostre intenzioni.
Buoni errori a tutti, oggi e per tutto il 2014.