ASCOLTA, SE VUOI
Il form della Fabbrica della Psiche di questo mese chiedeva: Ti va di dirmi cosa vuol dire, per te, la parola desiderare? A cosa la associ? Ecco alcune delle vostre testimonianze (ne trovi molte di più nell’audio), a cui seguono come sempre gli spunti di riflessione che abbiamo poi elaborato insieme su Zoom in coppia e in gruppo (quest’ultima parte non viene registrata, così che tutti possiamo esprimerci liberamente).
Desiderare: le vostre testimonianze
“La prima immagine che mi ha attraversato quando ho visto la parola desiderare è stata un ricordo… ho circa 4 o 5 anni, sono con mia madre. Sapendo che desideravo tanto un gioco, mi ha spiegato che se avessi fatto tre inchini alla luna piena, ripetendo “Buonasera, signora Luna!”, il mio desiderio si sarebbe senz’altro avverato. E mi rivedo con lei accanto, gli occhi al cielo, a fare inchini ripetendo quella formula magica… in effetti, poi, il giorno dopo il regalo c’era! Credo che quello sia stato il momento in cui ho iniziato a percepire che il desiderio ha a che fare con il cielo… è un movimento che mi spinge ad alzare lo sguardo da quello che ho o che sono già, per osare un passo in più. E c’entra anche con chi mi vuole bene e mi sta vicino per alzare lo sguardo insieme a me.” Francesca
“Desiderare è contattare me stessa nel profondo e capire cosa c’è, cosa sento, cosa mi piace, cosa mi fa bene. Stare centrata su di me e capire cosa voglio davvero. Senza pressioni e influenze esterne. Non è sempre facile.” Paola
“Ho sempre desiderato tante cose. A un certo punto, però, mi sono accorta che tenevo i miei desideri sotto controllo e che per buona parte della vita mi ero concessa solo desideri socialmente accettabili. Da quel momento ho cercato di liberarli. Non saranno tutti realizzabili, ma è un buon esercizio di onestà tra me e me oltre che con il mondo. Distinguere, poi, tra ciò che è realizzabile e ciò che non lo è apre percorsi di accettazione o, a volte, di rivoluzione.” Valeria
“Quando ho desiderato qualcosa ho sempre sbagliato e non ho ottenuto nulla. Ormai da anni non desidero più nulla. Forse l’unica cosa che vorrei è riprendere a desiderare”. Roberta
“Mi è capitato di desiderare la felicità, l’amore ma anche l’oblio, il buio della mente. Mi è capitato anche di desiderare cose che mai avrei voluto o dovuto desiderare. Ma mai e poi mai rinuncerò, nemmeno per un attimo, al desiderio di ritrovarmi ancora una volta seduto accanto a lei, all’ombra di quel pergolato, immerso nelle pagine della nostra storia.” Bruno
I 4 stadi del desiderio secondo Kabir
Il poeta, filosofo e mistico indiano del XV secolo Kabir diceva che il desiderio è la ricchezza dell’umanità. Kabir identificava quattro stadi del desiderio.
- La maggior parte delle persone, secondo Kabir, sono nate con così tanti desideri da non riuscire mai a perseguirne almeno uno con la giusta dedizione. Vivono una vita superficiale, spesso ossessionata dall’apparenza, senza mai andare a fondo delle cose e, per questo, spesso sono tristi.
- Altre persone, prosegue Kabir, hanno anch’esse diversi desideri, ma non sono così numerosi da rendere le lore vite dispersive. Sono in grado di raggiungere successi di modesta entità, perché sanno focalizzarsi almeno su qualche obiettivo (e questo ci ricorda che disciplina non è una parolaccia)
- Poi, ci sono le persone fortunate, quelle che hanno davvero pochi desideri, sui quali si concentrano con passione smodata. Per Kabir, a questa categoria appartengono i geni, capaci di lasciare il loro segno in qualsiasi campo. Pensa ad Albert Einstein, a Freddy Mercury, a Nelson Mandela. Persone che hanno fatto dei loro obiettivi una ragione di vita.
- Infine, alla cima della lista, Kabir colloca i mistici e i leader spirituali, che sono riusciti a scremare tra mille desideri grazie alla pratica della meditazione.
Secondo Kabir, il nostro stesso sviluppo emotivo dipende dalla capacità di focalizzarci su un numero ristretto di desideri. Le persone con troppi desideri hanno spesso vite caotiche e vivono un po’ come se fossero sulle montagne russe. Nulla le gratifica mai davvero, perché non vanno mai in profondità. Invece, le persone con pochi o pochissimi desideri hanno dalla loro la forza della passione, che può portarle nel tempo a scoprire il significato profondo dell’esistenza.
Mindfulness del desiderio
“Se si riesce a mantenere per tutta la giornata la consapevolezza del desiderio, questo continua a farsi vivo, dal momento della sveglia sino all’ultimo istante di coscienza prima di addormentarsi. Quando la sveglia suona, il desiderio è quello di dormire ancora; quando si va in cucina, quello del caffè; la sera, quello di coricarsi; e così via. Molti sono colpiti dal fatto di essere costituiti da una massa di desiderio, con sopra spalmato un sottilissimo strato di razionalità”. Jan Chozen Bays in “Come addomesticare un elefante selvaggio e altre avventure nella mindfulness”, 2020, ed. Hoepli
Nel desiderio non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato, il desiderio ci tiene vivi. Se non desiderassimo cibo, acqua, riposo, sesso… ci saremmo già estinti!
Il desiderio, dunque, è davvero come dice Kabir la ricchezza dell’umanità. I problemi sorgono quando il desiderio prende il sopravvento su di noi e diventa fissazione. Quando “Mi merito un bicchiere di vino dopo una giornata così faticosa” diventa, la mattina dopo: “Come ho fatto a bere così tanto ieri sera?”. Quando “Ho bisogno di un vestito nuovo” diventa: “Ho il conto in rosso”. Quando “Vorrei tanto qualcuno che mi ami” diventa: “Come ho fatto ad andare a letto con quella persona?” o l’arenarsi in una relazione dove l’altro non ci ama, recriminando e pretendendo che le cose cambino, invece che assumerci la responsabilità delle nostre scelte e del nostro benessere.
“Non desidero più” e “Ho paura di desiderare” sono, invece, l’altra faccia della medaglia. Se la fissazione ci fa precipitare nel caos negare o reprimere i nostri desideri più autentici nell’illusione di metterci al riparo da ulteriori delusioni, non fa altro che farci sentire stanchi, avviliti e depressi.
Per far sì che i desideri diventino una bussola, dobbiamo guardarli con attenzione e, soprattutto, guardarci dentro. La mindfulness e la psicoterapia servono, anche, a questo.
Desiderare, per te
Prendi carta, penna e un momento libero da interruzioni, in un luogo tranquillo, per rispondere a queste domande:
- Scrivi le prime tre frasi che ti vengono in mente se ti dico: “Desiderare”.
- Che emozioni associ alla parola desiderare? Di nuovo, scrivi senza troppo pensare.
- Rispondi onestamente: quando è stata l’ultima volta in cui hai desiderato qualcosa? Un secondo fa, un minuto fa, un’ora fa?
- Quali sono i tuoi desideri più profondi?
- Ci sono desideri che reprimi e a cui, invece, è giunto il momento di dare diritto di cittadinanza?
Ti aspetto a ottobre per il prossimo appuntamento della Fabbrica della Psiche.